Addì 11 novembre 2013
Di tanto in tanto faccio visita al tuo blog e, solo oggi, ho letto le tue riflessioni sul mistero dell'accettazione del dolore e della condivisione della sofferenza per Amore di Cristo.
Condivido appieno le tue considerazioni, non solo perchè cristiano, ma anche perchè da esse traspare chiaramente il tuo essere stato "toccato" dal Mistero.
Certo, non è facile nella nostra quotidianità accettare o condividere il dolore, orientati come siamo alla ricerca della felicità e della pace duratura; eppure, stranamente, ci si ritrova più "umani", più "veri" e più "forti" nei momenti in cui la debolezza ci assale, purchè il tutto sia sostenuto dall'unione a Cristo.
La sofferenza fine a se stessa, infatti, non ha alcun senso.
Mi viene in mente San Paolo quando dice (quasi lieto) che il Signore ha posto un pungolo nel suo fianco affinchè non monti in superbia. Dunque la sofferenza ha anche un valore santificante e correttivo per il cristiano. Senza quel "pungolo", forse, ci perderemmo.
Giustamente ci si domanda: perchè proprio a me? Oppure: fino a quando durerà?
Questo è lo stesso grido di Giobbe e di tutti i servi sofferenti del Signore che sono stati provati nel crogiolo della sofferenza.
Ci consola però sapere che ognuno di loro, conservandosi fedele e obbediente, ha ricevuto la ricompensa del vero tesoro che nè la ruggine nè la tignola potranno mai intaccare.
Ci consola però sapere che ognuno di loro, conservandosi fedele e obbediente, ha ricevuto la ricompensa del vero tesoro che nè la ruggine nè la tignola potranno mai intaccare.
Custodiamo il tesoro che Dio ci dà avvicinandoci al mistero del dolore. Abbracciamo, seppur con fatica, ma con fiducia, ogni giorno la nostra croce: Gesù ci aiuterà.
Francesco
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Un messaggio così sollecita una gaudiosa riflessione.
Infatti il pensiero rivolto alle circostanze che ci vengono offerte quotidianamente, per il semplice fatto di essere viventi, mi pone nella condizione di rendere grazie al Signore e, in modo particolare, quando queste sono condivise da chi, come te, riconosce la Sua presenza non astratta, non immaginaria, non illusoria, ma concreta e tangibile specialmente nella sofferenza o nel dolore dell'altro, di quell'altra persona che richiede un personale e profondo sacrificio, cioè un cambiamento, cioè una forte conversione.
Accettare con un "Sì" la proposta, di quel amorevole sacrificio, è rivivere nella nostra misera e umile esistenza la grandiosità dell'amore Divino già sperimentato da Gesù quando, per amore universale, accetta di sacrificare se stesso per noi.
Spesso mi torna in mente l'episodio dell'emorroissa che, per fede, pensava: "...se toccherò un lembo del suo mantello, sarò guarita..." e Gesù, tra la folla si ferma e, lo immagino con un sguardo pieno di serena gioia, chiede: "...chi mi ha toccato? ".
Bene anche noi, ognuno di noi, quando siamo toccati dal bisogno di un altro ci fermiamo e, ponendo la stessa domanda, sappiamo che quel tocco, di richiesta di aiuto, ci riempie della stessa serena gioia provata in quel momento da Gesù.
Purtroppo mio suocero è venuto a mancare alla fine di agosto e, nonostante quell'essere non è più vivo con la sua presenza, mi è rimasta nell'anima la serena gioia di essere stato toccato dalla sua sofferenza che, attualmente, si è trasformata in letizia per il grande dono che il Signore ha voluto concedere a me, alla mia mente, permettendomi di riconoscere la Sua grazia in ogni e qualsiasi cosa che mi costituisce, mi avvolge e mi coinvolge, anche attraverso l'esistenza di tutti coloro con cui percorro questo breve ma intenso tratto di destino comune.
Sono molto grato al Signore per il dono della tua amicizia.
paBiS